DECRETO DEBITO: POTEVA ESSERE IL NOSTRO RECOVERY, MA I SOLDI SARANNO BUTTATI VIA...Intervento Consiglio 20_2_21

 

DATA LA SCADENZA E IL TASSO, IL COLLOCAMENTO DEL DEBITO È UN BUON RISULTATO?

È un risultato il collocamento? Si e no. C’è sempre un prezzo (cioè un tasso di interesse) ed una scadenza che consente di collocare un bond. Persino un paese praticamente fallito potrebbe piazzare un bond a 1 mese al 30% di interesse, per fare un esempio per assurdo. Dovrebbe, quel paese, definire il collocamento un successo?

Due cose vanno notate: la durata si è enormemente ridotta (dai 10 anni iniziali che si era pensato, e che già a mio parere erano pochi, siamo finiti a 3) ed il rendimento che abbiamo dovuto garantire è elevato (basta guardare cosa rendono sui mercati titoli di paesi con rating più bassi del nostri, a 3 anni). In questo quadro, e solo in questo quadro, siamo riusciti a collocare il bond dopo avere fallito la prima volta.

È un successo? Non so, io non credo, la necessità che abbiamo avuto di ridurre la durata del bond non lo vedo come elemento di fiducia.

C’ERANO DELLE ALTERNATIVE? SI, ALMENO UNA…

Credo anche ci fossero ipotesi alternative meno costose, più a lungo termine e di più veloce reperimento: velocità di reperimento, basso costo e lungo termine erano le 3 fondamentali caratteristiche da ricercare.

Credo, ad esempio, che se il Governo si fosse messo al tavolo col FMI fin da inizio legislatura elaborando un programma di riforme e richiedendo un finanziamento, avremmo avuto un prestito più a lungo termine, a costo più basso ed un programma per riportare il paese su un sentiero di sostenibilità: fino a pochi mesi fa il FMI per qualcuno era il demonio, oggi vedo che è una mezza divinità solo perché ha espresso un giudizio positivo sulla forza dell’economia del nostro paese, quindi fatico a capire perché non si sia valutata la possibilità di un piano di finanziamento col FMI.

L’ordine del giorno del 23 Aprile chiedeva proprio un coinvolgimento di tutti nella scelta di queste strade, lo avevamo condiviso di buon grado ma è rimasto lettera morta. Purtroppo.

ORAMAI, COMUNQUE, IL DADO È TRATTO. ORA CI SONO DUE TEMI DA CONSIDERARE…

Comunque ritengo che oramai non è fondamentale parlare di questo, e come ho apprezzato i Segretari che non si sono appuntati la medaglia al petto, così dal canto mio non voglio essere io a fare il disfattista. Oramai la scelta è stata fatta e dobbiamo capire come gestirne le conseguenze, massimizzando quelle positive o minimizzando quelle negative.

È chiaro, e lo hanno detto tanti consiglieri, che ora la sfida si sposta sul come verrà usato il debito e su come effettuare l’aggiustamento necessario a ripagarlo (almeno a ripagarlo in parte e di sicuro a pagare gli interessi).

Sono questi infatti i due temi fondamentali che si aprono da oggi in avanti.

PRIMO TEMA: COME PORTARE IL BILANCIO IN AVANZO PER POTER ALMENO PAGARE GLI INTERESSI SUL DEBITO

Parto da questo secondo tema. Qualcuno sorride o si infastidisce quando facciamo i conti, ma fare i conti è essenziale quando si parla di debito. Certo, se mutassero le condizioni del Paese, se avessimo accesso ai programmi di finanziamento europei, avessimo l’ombrello Bce, ecc…tutto cambierebbe: ma non li abbiamo e dobbiamo quindi valutare la nostra situazione.

Tralascio la mezza decina di milioni di euro del costo delle consulenze a Jp Morgan, Rotschild, Credit Suisse ed ai vari studi legali, che conosciamo per sentito dire ma di cui tuttora non conosciamo l’ammontare preciso perché è tutto secretato (e, lo dico ai colleghi che si inalberano quando l’opposizione critica: voi come reagireste se non poteste nemmeno sapere come il Governo spende i soldi dei sammarinesi?). Lo tralascio perché è un costo una tantum, che non sposta molto le considerazioni sulla sostenibilità del Paese, anche se è un costo importante che è intollerabile non conoscere.

Parliamo dei costi annuali. Da domani, dovremo pagare 11 milioni di euro all’anno di interessi sul debito; sarebbe bene anche mettere ogni anno da parte qualcosa per pagare almeno un po’ della quota capitale, per mostrare ai mercati quando dovremo rifinanziarci che possiamo ripagare il debito. Ma non ambisco a tanta lungimiranza da parte del Governo, quindi diciamo che decidiamo di pagare solo gli interessi.

Per pagare gli interessi serve avere un avanzo primario, è banale dirlo ma funziona così per tutti gli Stati (persino l’Italia, prima della pandemia, era in avanzo primario): cioè le entrate devono superare le uscite, escluse quelle per gli interessi. Altrimenti significa condannarsi ad un debito che si autoalimenta ed aumenta per sostenere un bilancio in disequilibrio, ed è la ricetta per la rovina.

Immagino vi siate tutti accorti che noi non siamo neppure vicini ad un avanzo primario. Anzi, abbiamo un disequilibrio previsto fra entrate e uscite previste per il 2021 molto elevato, pari a 70 milioni di euro che purtroppo tenderà a crescere nel 2021 (e lo sapete, perché il taglio di 16 milioni fatto all’Iss non può essere sostenuto) e, con buona probabilità, si manterrà molto elevato per un certo numero di anni per effetto della crisi economica che toglierà entrate. Quel deficit va eliminato se si vuole avere margine per pagare gli interessi.

SERVONO ALMENO 80 MILIONI DI EURO ALL’ANNO PER RIUSCIRCI, il 6% CIRCA DEL PIL: COME SI PENSA DI REPERIRLI, CON QUALI RIFORME?

Giratela come volete, ma dobbiamo recuperare circa 80 milioni all’anno, e non basteranno con tutta probabilità. E, ripeto, solo per pagare gli interessi.

Spero siate tutti consapevoli di queste cifre. Come pensate di reperirle? È una cifra pari al 6% e passa del nostro Pil, una cifra elevatissima. E va recuperata in tempi brevissimi, altrimenti quest’anno ci bruceremo il prestito Cargill e poi l’anno prossimo non avremo i soldi per pagare gli interessi, con quel che ne consegue.

Ho sentito ottimi discorsi da molti consiglieri, buoni propositi e consapevolezze. Il più concreto su questo tema del riequilibrio del bilancio mi è parso il consigliere Spagni, a cui vanno i miei complimenti: però i discorsi li porta via il vento, qui manca un piano d’azione per reperire queste risorse, o almeno l’opposizione (come il resto del Paese) non ne è consapevole.

SERVE PROGRAMMA AMBIZIOSO, MA DIFFICILE, DI RIFORME: SE IL GOVERNO NON È IN GRADO DA SOLO, ABBIA L’UMILTÀ DI AMMETTERLO

È evidente che questo tema si può affrontare solo con un piano di riforme non facile dal punto di vista del consenso, potenzialmente depressivo nel breve periodo (effetto depressivo che va compensato con le politiche di crescita di cui parlerò a breve), ma assolutamente necessario. Sintetizzo questo concetto con una frase: il debito non può mai servire a chiudere i buchi, ma anzi i buchi vanno preliminarmente chiusi affinchè il debito possa essere destinato ad utilizzi produttivi. Se questo non succede, è un grandissimo problema.

Il Governo è in grado da solo di fare queste riforme, che non risulta siano neanche state abbozzate? Questa risposta potete averla solo voi, colleghi di maggioranza, ma dovete darvela in fretta, in frettissima, perché il tempo non c’è. Se non ce la fate, dovete avere l’umiltà di chiedere la collaborazione di tutti, forze politiche e sociali, su un piano di riforme che renda il Paese finanziariamente sostenibile.

Aggiungo, su questo fronte, un inciso: presentare un programma di riforme “ambizioso” al Fondo Monetario e farsi fare i complimenti su quelle, non è enormemente complesso; il difficile è farle e, se non le si fa, si sta poco a passare da un programma “ambizioso” a un programma “fallito” con quel che ne consegue.

SECONDO TEMA: COME UTILIZZARE ADEGUATAMENTE IL DEBITO PERCHÉ GENERI UN RITORNO ECONOMICO.

Detto quello che ci serve fare per raggiungere un equilibrio di bilancio necessario a generare una sostenibilità e pagare gli interessi, ora dobbiamo passare al secondo grande tema che da oggi ci si apre: come utilizzare adeguatamente il debito perché generi un ritorno economico.

Ho, come altri, condiviso pienamente la visione e le proposte del Segretario Righi, che ha ammonito sulla necessità di non disperdere queste risorse in spese inutili ma concentrarle su progetti capaci di generare un ritorno economico e guardare al lungo termine. Non lo ha detto solo lui, anche se ho apprezzato particolarmente la sua chiarezza; altri consiglieri si sono focalizzati su queste necessità.

L’ARTICOLO 11 CI MOSTRA CHE IL DEBITO VERRÀ BUTTATO VIA, PER PAGARE PRESTITI PREGRESSI

Abbiamo però, e lo dico ai consiglieri che hanno fatto queste considerazioni giuste: questo problema è l’articolo 11 del Decreto. L’articolo 11 del Decreto ci fa capire che tutti questi discorsi sono destinati a rimanere lettera morta, perché sancisce che i soldi derivanti da questo bond saranno sostanzialmente buttati via.

150 milioni di euro se ne andranno in rimborso di prestiti pregressi, prestiti che tra l’altro oggi ci costano meno del 3,25% (a volte, come nel caso dello zero coupon di Carisp, molto di meno). Piccolo inciso: Carisp otterrà altri 93 milioni di liquidità dallo Stato, oltre ai 9 milioni all’anno che già lo Stato ha deciso di darle con il titolo irredimibile, chiunque comprende che in queste condizioni non ci vuole chissà quale genio nel Cda per riportare Carisp a fare utili, è sufficiente chiedere soldi allo Stato…

Altri 150 milioni di euro dovranno essere usati per rimborsare Cargill a fine anno, senza contare i 4,5 milioni di interessi che dovremo pagargli. Pare infatti che non sia possibile un rimborso anticipato del prestito e che gli interessi vadano pagati fino in fondo: così dice il contratto che il paese non ha potuto vedere…

Restano 40 milioni di euro circa. Anche perché tutti sapete che i 150 milioni del prestito Cargill, che abbiamo introitato e che vanno considerati nel lotto delle risorse a disposizione, non potranno che essere destinati a coprire i nostri buchi: in primis l’enorme disavanzo di bilancio che abbiamo e che, come ho detto, è destinato a crescere lasciando ben poco a disposizione dell’economia.

A DISPOSIZIONE DELLO SVILUPPO RESTA POCHISSIMO: POTEVA ESSERE UN RECOVERY FUND PER SAN MARINO, MA COSÌ VIENE BUTTATO VIA

Diciamo che abbiamo a disposizione 50 milioni per lo sviluppo economico, 50 milioni su 490 milioni complessivi. Questo è l’ordine di grandezza, e non credo servano altri commenti.

Personalmente concordo con chi ha detto, nei giorni scorsi, che questo bond poteva rappresentare il nostro Recovery Plan: l’ordine di grandezza c’è, anzi paradossalmente è, in proporzione, più delle risorse che l’Italia avrà a disposizione. Sono risorse che ci costano molto di più di quello che costa il Recovery Plan all’Italia e che sono tutte a debito (mentre in Italia arrivano risorse a Fondo perduto): a maggior ragione era doveroso spenderle bene, con raziocinio e attenzione.

Se però in Italia discutono da mesi su come spendere bene quelle risorse, ed hanno fatto un Governo di unità nazionale presieduto da una grande personalità soprattutto per questo, da noi la destinazione è stata decisa con un articolo in un Decreto dal Segretario Gatti, l’articolo 11 appunto. E si capisce che solo 50 milioni su 490 siano a disposizione dello sviluppo, mentre il resto viene sostanzialmente buttato via.

Io mi appello ai consiglieri che hanno evidenziato le necessità di spendere bene le risorse: bisogna abrogare l’articolo 11 del Decreto ed aprire un ragionamento serio con tutto il Paese su questa che è una grande sfida per tutti noi.

LA SFIDA SU COME USARE BENE LE RISORSE DEVE COINVOLGERE TUTTI

Una sfida che deve coinvolgere tutti, e noi faremo una precisa proposta in tal senso. Una proposta che mira ad abrogare l’articolo 11 ed a coinvolgere il Paese, tutto,  forze politiche, sindacali e datoriali, per sviluppare progetti per la crescita, analizzarli ed analizzarne numericamente l’impatto in termini di assorbimento delle risorse e di possibilità di sviluppo e ritorno economico. Un lavoro di elaborazione e di condivisione che deve coinvolgere tutti, con una visione a lungo termine che, a parte il progetto San Marino 2030, sembra mancare completamente. Poi certamente sarà il Governo a decidere cosa fare, spetta a lui anche se sarebbe auspicabile coinvolgere tutta la politica: ma abbiamo bisogno di una seria e solida analisi tecnica ed economica sulla base della quale la politica possa prendere le decisioni, con dei numeri in mano.