Grazie Eccellenza,
Credo che non fosse facile per nessuno gestire questa epidemia, a cui certamente non eravamo preparati. Sono convito che gli sforzi da parte di tutta la struttura della nostra sanità, dal Segretario all’ultimo amministrativo, siano stati massimi e totali. Nostro compito però non è valutare l’impegno, per quanto lodevole, ma i risultati.
QUESTIONI SANITARIE
Il Segretario Ciavatta ha fatto una relazione devo dire estremamente precisa e dettagliata, e mi sento di sottolinearlo perchè non accade sempre. Ma i numeri sono impietosi, non tanto in termini di contagi (che in una piccola realtà possono dipendere da tanti fattori, non ultimo il fatto che abbiamo allargato lo screening), quanto per il numero dei morti (che sono dati oggettivi che immagino vengano contati nello stesso modo anche in Italia: se non ho calcolato male siamo a circa 3 volte tanto l’Italia, in rapporto alla popolazione).
Questo è il vero numero, drammatico, che deve far riflettere. Ci sono state poi alcune criticità nella gestione, che vanno dalla poca chiarezza sulle modalità operative di diagnosi (emblematica la divergenza manifestatasi tra le parole di Rinaldi e le parole di Arlotti dette solo un giorno dopo sulle modalità di screening degli asintomatici), agli intempestivi accertamenti sui sanitari che ha portato a situazioni che non dovevano accadere, dall’esplosione di un focolaio in Ospedale alla la presenza di un Comitato Esecutivo senza alcuna professionalità medica operativa, in un momento come questo. Più grave ancora, la gestione delle quarantene, rispetto alle quali, anzichè utilizzare strutture accentrate per la quanrantena, abbiamo lasciato le persone potenzialmente malate nelle case, libere di infettare i propri conviventi (in questo le partenali in conferenza stampa hanno veramente lasciato l’amaro in bocca perchè chiunque capisce che è pressochè impossibile nella gran parte delle case mantenere un totale isolamento): non ho veramente capito il perchè, ma trovo palese che questa sia una responsabilità politica perchè è dalla politica che doveva arrivare questa indicazione.
Mi fermo qua sugli aspetti sanitari, ci sono questioni che obiettivamente non hanno funzionato, seppure, ripeto, l’emergenza sia stata forte e noi non fossimo certamente preparati.
QUESTIONI ECONOMICHE
Vengo sulle questioni economiche, su cui continuo a focalizzare la mia attenzione.
Anche qui non mi preoccupo tanto della forma, guardo alla sostanza.
Io mi sono trovato abbastanza concorde con la scelta di non chiudere tutto, di lasciare aperte tante attività, che San Marino ha fatto diversamente dall’Italia: ho sempre pensato che fosse necessario trovare prima possibile una forma di convivenza fra la lotta al virus e l’economia, da cui dipendono le risorse per la sanità. È chiaro che questa scelta ha aumentato i contagi, nonostante nelle conferenze stampa si sia cercato di dare la colpa a chi andava a fare le passeggiate o a fare spesa.
Ma ci sono stati gravissimi errori, come quello sulla possibilità per gli operatori di poter vendere on line e consegnare a domicilio, che ad un certo punto è stata bloccata senza motivo: nel momento in cui rimanevano aperte aziende con decine se non centinaia di dipendenti al lavoro, figuriamoci se non si poteva trovare una forma per garantire un po’ di ossigeno alle attività con questa modalità di lavoro. Ora si è messa una toppa, con mille inutili burocrazie fra l’altro, consentendo di nuovo queste vendite: bene, ma la responsabilità per l’errore iniziale resta.
La grande domanda che mi faccio adesso è: chi sta pianificando la fase 2 in questo nostro Paese? Chi sta elaborando i protocolli per la ripartenza? Chi sta decidendo chi può riaprire, quando può riaprire, come può riaprire? Chi si sta occupando di dare, quanto prima, protocolli operativi alle attività economiche rispetto ai presidi che si dovranno mettere in campo? Come saranno aiutate le attività a sostenere i costi degli adeguamenti che dovranno fare? Questa sono le domande chiave in questo momento, e purtroppo non ho minimamente risposte da dare nonostante manchi una settimana alla ripartenza.
C’è poi il tema, che torna e tornerà per mesi, delle misure di sostegno all’economia. Più passano i giorni più diventa fondamentale immettere soldi a Fondo perduto nelle imprese: sia per garantire il pagamento diretto della Cig (altrimenti impossibile per aziende senza incassi), sia per poter pagare le imposte che purtroppo continuano ad esserci, sia per compensare la mancanza totale di fatturato che c’è stato nonostante i costi già sostenuti, sia per gli affitti. Il tutto, naturalmente, rapportato al fatturato perso rispetto al 2019. Anche i costi per gli adeguamenti sanitari, come detto, costano. Senza queste iniezioni di denaro, molte imprese non ripartiranno, con quello che ne conseguirà in termini di disoccupazione, Pil ed entrate pubbliche.
Le garanzie sui finanziamenti hanno senso, ma aggravano l’indebitamento delle aziende e non possono essere l’unica risposta.
Ogni Stato sta mettendo a disposizione soldi, a costo di aumentare l’indebitamento. L’UE ha persino accantonato il patto di stabilità, che è una cosa mai vista, e sta persino ragionando su risorse comuni.
Bisogna quindi agire, in fretta, rifuggendo da politiche di tagli come quelle fatte negli scorsi decreti, che abbassano la domanda in un momento in cui non è certamente utile.