Eccellenze
e colleghi,
SCELTE
UNILATERALI DEL GOVERNO
credo
che una legge così importante, per quanto meno urgente di altre,
avrebbe richiesto un ampio confronto, con le forze politiche, sociali
e col Paese tutto prima di elaborare un testo e portarlo
all'attenzione dell'aula. Il confronto, però, non c'è assolutamente
stato ed il risultato della scelta unilaterale della Segreteria è
molto deludente.
Mi
sento di fare delle proposte, perchè è il primo momento in cui lo
possiamo fare, sperando vengano prese in considerazione.
ERGA
OMNES: SI VADA VERSO IL REFERENDUM COME STANDARD
Primo
punto: il tema dell'erga omnes. Noi crediamo nel concetto dell'erga
omnes, lo consideriamo un valore.
Crediamo
che il modello oggi esistente, su questo, abbia delle falle evidenti:
un giudice, se interpellato attraverso una causa su quale sia il
contratto da applicare quando ne esista più di uno, potrebbe di
fatto costruire un contratto di lavoro nuovo prendendo clausola per
clausola i contenuti più vantaggiosi per il lavoratore. Ovviamente
non va bene perchè un contratto ha senso nella sua complessità e
non pezzo per pezzo. Questo diventa un elemento di incertezza che non
favorisce gli investimenti imprenditoriali.
Ma non
va bene nemmeno il modello scelto dal Governo: di fatto, se una
organizzazione sindacale e una datoriale raggiungono il 66% degli
iscritti totali dei loro settori, hanno il monopolio contrattuale e
diventano gli unici legittimati a concludere contratti erga omnes.
Noi siamo contro ai monopoli e crediamo invece nel pluralismo delle
idee: ci possono essere idee migliori per lavoratori e imprese anche
se vengono da organizzazioni più piccole.
Come
fare? Bisogna rendere strutturale il meccanismo del referendum fra i
lavoratori e i datori di lavoro e dare al referendum la possibilità
di scegliere quale sia il contratto migliore valido erga omnes. Un
contratto diventa valido erga omnes non quando è fatto dai più
grossi ma quando viene votato sia dai lavoratori che dai datori di
lavoro: e finchè non c'è questa doppia approvazione, un contratto
non è valido erga omnes. Questo ovviamente è un meccanismo che
incentiva molto le organizzazioni a trovare una piattaforma comune,
arrivando a quello che tutti auspichiamo: un contratto in cui tutte
le parti possano riconoscersi, senza che nessuno faccia la voce
grossa sugli altri solo perchè ha più iscritti.
ISCRITTI:
DARGLI MENO IMPORTANZA
Sugli
iscritti dico una cosa al volo: non mi piace, personalmente, tutta
questa centralità che viene data alle iscrizioni, a parte il momento
iniziale del riconoscimento giuridico in cui invece è giusto. Legare
sia la possibilità di fare contratti sia il finanziamento al numero
di iscritti mi pare sbagliato.
Ci
possono essere modi diversi di fare sindacato, così come ci sono
modi diversi di fare politica: chi punta sugli iscritti, chi magari
preferisce fare Assemblee confrontandosi con le persone a prescindere
che siano iscritti o meno.
Anche
perchè sappiamo che oggi tanti si iscrivono al sindacato non per un
vero credo, ma perchè offre i migliori sconti e convenzioni o
organizza le migliori gite, non prendiamoci in giro su questo. C'è
una crisi di rappresentanza reale. Serve meno attenzione alle
iscrizioni e più alle idee che si esprimono e ai contenuti che si
riescono a inserire nei contratti e nelle piattaforme.
FINANZIAMENTO:
0,40% LIBERO E SERVIZI MINIMI GARANTITI
A
proposito di finanziamento, credo sia tempo di superare il meccanismo
dello 0,40% erogato col meccanismo del silenzio-assenso, che obbliga
la gente che lo vuole revocare a fare, lei, il giro delle sette
chiese. Il finanziamento delle organizzazioni deve essere libero,
come avviene per i partiti: chi vuole aderire e dare un contributo,
fa un atto di volontà precisa, senza meccanismi di silenzio assenso.
Ma,
come per i partiti, lo Stato dovrebbe a nostro parere dare un
contributo minimo per consentire ai sindacati riconosciuti di
sopravvivere, visto che svolgono un servizio importante per la
collettività. La nostra proposta è chiara: così come proponiamo da
anni che lo Stato dia ai partiti non soldi ma un base di servizi
minimi (sede, funzionari rapportati alla grandezza, contributo per le
spese postali), lo stesso dovrebbe accadere per i sindacati
giuridicamente riconosciuti.
E così
lo 0,40% potrebbe essere basato sul meccanismo del silenzio-diniego,
finalmente. Come si chiedeva anni fa col referendum.
ROTAZIONE
DEGLI INCARICHI
Ultimo
tema che voglio discutere è quello della democrazia interna alle
organizzazioni. In una legge del genere occorre inserire, a nostro
parere, precisi meccanismi di rotazione degli incarichi dirigenziali
e di limiti ai mandati. Persone buone per tutte le stagioni e che di
fatto diventano delle sequoie intoccabili per secoli e secoli non
devono esistere: dopo un certo numero di anni di rappresentanza,
occorre che si torni ai propri luoghi di lavoro per riprendere
contatto con la realtà.
È lo
stesso principio, anche qui, che proponiamo per i consiglieri e che è
già diventato legge per il Congresso di Stato: va esteso anche ai
sindacati, con le opportune garanzie in fase di rientro al lavoro.
Ed
evitando scappatoie, ovviamente, e cioè che con un semplice cambio
di ruolo ricominci il conteggio degli anni da capo. Come invece
avviene oggi, e lo vediamo tutti, nelle organizzazioni sindacali.
ORGANIZZAZIONI
CORPORATIVE DEI DATORI: PERCHE'?
Un
ultimo punto su cui mi sento di lanciare una riflessione. La scelta
della legge del '61, confermata da questa, è stata quella di evitare
sindacati dei lavoratori corporativi: non può esistere il sindacato
dei dipendenti Pa, o degli operai, ma si ragiona in termini di
confederazioni di più settori. Giustamente. Perchè non facciamo la
stessa cosa per i datori di lavoro, a cui consentiamo invece di fare
organizzazioni corporative? Non è più utile anche qui avere
organizzazioni confederali? Ragioniamo su questo.
SOSPENDERE
LA LEGGE E APRIRE IL CONFRONTO
Concludo
invitando il Segretario ad aprire un confronto con le forze politiche
su questa importante norma, senza andare avanti a testa bassa. Ci
sono tante idee su cui possiamo confrontarci.