Siamo
qui Eccellenze e Colleghi consiglieri a discutere un altro intervento
dello Stato a sostegno del settore bancario sammarinese. E quindi
prima di addentrarmi nel merito del provvedimento mi si consenta
qualche considerazione generale su un problema che io ritengo enorme,
quello appunto degli aiuti alle banche.
GIÀ
MOLTI GLI INTERVENTI MESSI IN CAMPO...
Abbiamo
già messo in campo una serie di interventi: finanziamenti diretti,
fideiussioni a copertura dei prestiti di Banca Centrale, rinuncia per
N anni alle imposte in cambio di interventi di salvataggio fatti da
altre banche, ecc...è chiaro che il nostro sistema bancario è
passato dall'essere un volano all'essere una problema per il bilancio
dello Stato e, più in generale, per lo Stato stesso.
Sappiamo
che i fallimenti delle banche non sono come i fallimenti di altre
imprese, per il ruolo peculiare che hanno nell'economia, quello di
erogazione del credito attraverso la raccolta dei depositi dei
risparmiatori, e che quindi occorre fare di tutto perchè i
depositanti siano protetti dai fallimenti stessi.
Tuttavia
la forma e l'estensione con cui lo Stato interviene a protezione del
sistema finanziario, per evitare la fuga dei risparmi e il blocco dei
crediti, può ovviamente variare. Dal mio punto di vista noi abbiamo
scelto un modo per intervenire che per noi è pericoloso.
...SEMPRE
METTENDO A RISCHIO IL BILANCIO...
In
tutte le occasioni in cui interveniamo, infatti, mettiamo a rischio
direttamente lo Stato e il suo bilancio con interventi diretti,
garantiti spesso dal patrimonio pubblico, a fronte di un sistema
bancario semplicemente troppo grande rispetto alle dimensioni dello
Stato stesso. Per dare un'idea, la raccolta, oggi, pur dopo anni di
fuga di capitali, è ancora circa 5 volte il Prodotto Interno Lordo
del Paese, e più di 9 volte il bilancio dello Stato.
Ad
ogni intervento che facciamo diciamo che sarà l'ultimo perchè “più
di così non possiamo fare”, ed invece dopo un po' viene fuori un
nuovo problema in una nuova banca e quindi lo Stato deve intervenire
di nuovo perchè se non lo facesse rischierebbe anche di non vedersi
restituito ciò che ha già dato o di creare un grave problema di
sistema. In pratica, Stato e banche si avviluppano sempre più fra
loro e i destini dell'uno si legano sempre più ai destini
dell'altro.
PER
UN SISTEMA BANCARIO TROPPO GRANDE.
Molti
Stati intervengono direttamente nazionalizzando o prestando soldi, ma
nel nostro caso il sistema bancario è sproporzionatamente grande
rispetto alle risorse disponibili per lo Stato; e comunque, anche nei
grandi Stati, gli interventi nel settore bancario stanno mettendo in
difficoltà i debiti sovrani e mettendo a rischio gli Stati stessi,
come si vede in Spagna o a Cipro o in Irlanda.
Purtroppo
questa è solo un'analisi, relativamente facile da fare, per
evidenziare i rischi che stiamo correndo. Le analisi però non
forniscono le soluzioni. E noi invece dobbiamo pensare alle
soluzioni. Che sono tutt'altro che semplici nella nostra situazione.
Ma due
cose si possono fare. Almeno a mio parere.
PROPOSTA
1: METTERE IN PIEDI UN FONDO DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI CHE POSSA
INTERVENIRE ANCHE IN VIA PREVENTIVA...
La
prima è investire molto di più nei fondi di garanzia dei
depositanti. Negli anni chiamiamoli “buoni”, dove c'era
abbondante raccolta, non ci siamo mai interessati troppo a questo
tema; ultimamente ci abbiamo pensato ma ci troviamo un fondo di 15
milioni di euro, che è insufficiente per qualsiasi intervento
credibile, persino per banche piccole. Io preferirei che lo Stato,
piuttosto che intervenire direttamente immettendo soldi nelle banche
con problemi di solvibilità per scelte di investimento e di business
sbagliate, impieghi i suoi soldi per mettere in piedi un fondo di
garanzia dei depositanti davvero solido e di importo significativo.
Chiedendo, parimenti, un contributo importante alle banche,
compatibile con le difficoltà che vivono in questo momento. Un Fondo
di questo genere non interviene solo in caso di chiusura di banche,
ma può intervenire anche per evitare le chiusure, con gli opportuni
strumenti di intervento e senza esporre il bilancio dello Stato. È
un po' come avere a disposizione un tesoretto per finanziare svariati
interventi a tutela del sistema.
Per
fare in modo che la presenza del fondo di garanzia non crei quei
fenomeni che in economia si chiamano azzardo morale e selezione
avversa, occorre che lo Stato, tramite l'Autorità di Vigilanza,
controlli in maniera molto più penetrante i processi di erogazione
dei crediti e di remunerazione dei depositi, o addirittura che sia
previsto un controllo, per quanto di minoranza, delle banche che
contribuiscono di più sulle banche che contribuiscono di meno al
fondo di garanzia. È una cosa troppo forte, limitante dell'attività
imprenditoriale? Forse, ma non è forte anche mettere a rischio lo
Stato perché qualcuno ha fatto scelte imprenditoriali troppo
allegre?
Naturalmente
per tarare bene una proposta del genere occorrono almeno dei dati
precisi sull'ammontare medio dei depositi e sulla loro distribuzione
per importi, ma io credo che parliamo troppo poco di questa esigenza.
PROPOSTA
2: CERCARE UN CANALE DI ACCESSO ALLA BCE PER ESIGENZE DI LIQUIDITÀ
La
seconda cosa che mi sento umilmente di proporre è quella di
impiegare tutte le nostre energie per accedere a linee di
rifinanziamento per esigenze di liquidità delle banche. Linee che
devono vedere coinvolte le sole banche, senza intervento dello Stato,
e che devono essere utilizzate sotto precisi requisiti e davanti a
precise garanzie. L'esigenza di liquidità è diversa da un problema
di solvibilità, come tutti sappiamo, e diversi devono essere i
canali per risolverlo.
Ho
spesso letto che abbiamo provato ad accedere a finanziamenti esterni,
ma che non abbiamo avuto riscontri positivi. Non ho elementi per dire
se questi tentativi siano stati condotti tenacemente e con
convinzione o se siano stati fatti con timidezza pensando di non
averne davvero bisogno. Credo che dovremmo muoverci soprattutto a
livello di Accordi con l'Unione Europea, che abbiamo o che verranno:
dobbiamo puntare ad inserire la possibilità di accedere al
rifinanziamento della BCE in caso di problematiche di liquidità,
impegnandoci a recepirne immediatamente le direttive di adeguamento
normativo del sistema, come previsto per altri Paesi della zona euro.
Nella Convenzione Monetaria, se non erro, è stata espressamente
annotata questa volontà di San Marino, ma non basta, dobbiamo farne
una precisa e tenace richiesta politica in sede europea prima
possibile. In fondo gli importi che ci necessiterebbero sarebbero
minimi rispetto agli importi che occorrono ad altre banche e per noi
questa è un'esigenza vitale.
NEL
CASO DI CARISP VI SONO POCHE ALTERNATIVE
Fatte
queste doverose premesse, è chiaro che nell'attuale situazione, e
riguardo allo specifico caso di Carisp, non abbiamo tante strade a
disposizione. Non abbiamo un fondo di garanzia sufficiente, non
abbiamo accesso a rifinanziamenti, e andare ad impegnare lo Stato
attraverso richiesta di prestiti a istituzioni internazionali come il
Fondo Monetario per finanziare le banche sarebbe assolutamente
deleterio perchè poi rischieremmo di trovarci a dover sostenere
piani di rientro pesanti. E su questo ritornerò alla fine.
In
questo ennesimo intervento pro-Cassa di Risparmio lo Stato si impegna
direttamente, con un prestito di 60 milioni di euro alla Fondazione
finanziandosi a sua volta presso Banca Centrale attraverso un mutuo.
MUTUO
CON BANCA CENTRALE: COM'È?
Prima
annotazione, che è poi una domanda: mi sembrerebbe ragionevole
pensare che il mutuo con Banca Centrale sia di importo uguale e
contrario rispetto a quello dello Stato con la Fondazione, vale a
dire stesso importo, stesso tasso, stesse scadenze, stesse
tempistiche di rimborso. Nella legge questo non è scritto per cui
chiedo lumi su questo tasto.
ESISTE
UN PIANO INDUSTRIALE CON LE ALTERNATIVE BEN DEFINITE IN CASO DI
PROBLEMI?
Seconda
annotazione: il piano industriale. La Fondazione evidentemente
riuscirà a restituire il capitale e gli interessi se e solo se la
Cassa di Risparmio tornerà a fare utili. Abbiamo capito che la Cassa
ha un piano per tornare a produrre utili in 3 anni, ma non conosciamo
in base a cosa lo dicano. Ma a parte questo: esistono delle
subordinate, delle alternative, in caso di problemi rispetto alle
previsioni? In particolare esistono piani A e piani B a seconda che
si riesca o meno ad aprire l'operatività all'estero per le imprese
finanziarie sammarinesi? Esiste un piano di intervento di emergenza
qualora non si trovino abbastanza investitori per il prestito
subordinato convertibile da cui dovrebbero ricavarsi 70 milioni di
capitale fresco? Sono solo domande dette senza alcuna provocazione ma
con la reale volontà di capire quello che sta succedendo e le sue
future implicazioni.
SAREBBE
STATO MEGLIO L'INTERVENTO DIRETTO NEL CAPITALE SOCIALE MA VA BENE
ANCHE COSÌ
Terza
annotazione: la forma dell'intervento. Sinceramente avrei preferito
l’ingresso dello Stato nel capitale sociale della Carisp, che
avrebbe consentito da un lato la nomina di qualche manager di fiducia
e quindi la possibilità di avere voce in capitolo nell'ambito della
governance della Carisp e, dall'altro, di poter rivalutare
l'intervento nel tempo potendo poi rivendere la quota, una volta
rimessa in sesto la Carisp, guadagnandoci qualcosa. Capisco che in
questa maniera lo Stato avrebbe avuto lo status di azionista e non di
creditore, e che questo, in caso di problemi gravi alla Carisp, lo
avrebbe portato a non poter godere del privilegio nell'assegnazione
degli attivi di bilancio: ma è anche vero che se quel genere di
problemi si verificheranno, il fatto di essere creditori anziché
azionisti non ci mette in posizione migliore (anche il pegno sulle
azioni in quel caso varrebbe poco poco).
Peraltro
mi sembra di capire che comunque, nonostante lo status di creditore,
lo Stato inserirà nel Cda della Carisp alcune persone di sua fiducia
e quindi questa è una buona cosa che va rilevata e che comunque ci
consente di entrare nella governance della Carisp.
Quindi,
se la mediazione politica è stata questa, nonostante alcuni dubbi,
ci può stare, l'importante è che la Cassa possa ripartire. Ma vi
prego, vi prego di pensare a forme più strutturate e strutturali di
intervento dello Stato che non coinvolgano il bilancio.
GUAI
A FARE DEBITI VERSO L'ESTERO PER FINANZIARE DEBITO PUBBLICO, PRIMA
SERVONO INTERVENTI AUTONOMI.
Concludo
con una postilla importante. Nelle settimane scorse ho letto sui
giornali alcune dichiarazioni del Governo che ipotizzavano una
richiesta di prestito di circa 100 milioni di euro a qualche
istituzione internazionale per finanziare il suo debito pubblico. La
cosa non è stata confermata ufficialmente ma in questa legge di
assestamento qualche cosina si accenna su questo punto all’articolo
3, scrivendolo un po' in politichese. E mi riferisco al punto b) di
quell'articolo ma anche al punto a) nella misura in cui l'intervento
a sostegno delle banche coinvolge lo Stato.
Su
questa ipotesi, devo dire, non sono d'accordo, almeno fino a quando
non ci saremo davvero presi la briga di fare i tagli necessari alla
spesa pubblica, stipendi compresi se occorre, e non ci saremo presi
l'incarico di tassare i patrimoni, due tasti dolenti dove si possono
perdere i voti ma da cui si possono reperire tantissimi soldi. Credo
che abbiamo moltissimo margine per fare dei tagli senza né andare a
toccare i servizi sociali né a mettere in difficoltà le famiglie.
Nell'ultima legge di bilancio proposi l'uso dei contratti di
solidarietà nella PA, che ci avrebbe consentito di risparmiare circa
10 milioni di euro all'anno. Questa era una proposta, ma ce ne
possono essere mille altre, come una più attenta gestione della
spesa, dei lavori pubblici, dei contratti di fornitura di beni e
servizi alla PA. Quanto alla tassazione degli immobili, l'abbiamo
scritto nell'ultima finanziaria ma finora non è pervenuta.
Gli
Stati vanno in difficoltà quando iniziano ad accumulare debito verso
l'estero. Noi siamo ancora più piccoli degli Stati che già oggi
sono in difficoltà. Si diventerebbe preda di dinamiche molto più
grandi di noi. Troppo più grandi di noi. Su cui non avremmo più
alcun controllo. Ed il debito inizierebbe ad alimentare il debito. È
stato così in Italia, in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in tutti
quei Paesi che hanno preferito affidarsi al debito per mantenere un
meccanismo al di sopra delle loro possibilità.
Noi
grazie al cielo non abbiamo debito verso l'estero, e non dobbiamo
farlo. Non prima, almeno, di aver fatto tutto quanto possibile per
risanare il bilancio e ridurre il debito con le nostre sole forze. E
abbiamo ancora tantissimo margine per farlo. Anche perchè, e anche
questo è ben evidente in questa crisi, i piani di risanamento che
vengono richiesti quando il debito verso l'estero diventa eccessivo
ed esce dal controllo sono ben più pesanti di quelli che potremmo
decidere da soli.
Invito
a ripensarci e a tornare indietro da queste volontà per ora solo
accennate, anche se in maniera sempre più concreta, se non vogliamo
imporre sui giovani un peso che non riusciranno a reggere.