CONSIDERAZIONI SU RICAPITALIZZAZIONE CARISP - 13 luglio 2012


Siamo qui Eccellenze e Colleghi consiglieri a discutere un altro intervento dello Stato a sostegno del settore bancario sammarinese. E quindi prima di addentrarmi nel merito del provvedimento mi si consenta qualche considerazione generale su un problema che io ritengo enorme, quello appunto degli aiuti alle banche.
GIÀ MOLTI GLI INTERVENTI MESSI IN CAMPO...
Abbiamo già messo in campo una serie di interventi: finanziamenti diretti, fideiussioni a copertura dei prestiti di Banca Centrale, rinuncia per N anni alle imposte in cambio di interventi di salvataggio fatti da altre banche, ecc...è chiaro che il nostro sistema bancario è passato dall'essere un volano all'essere una problema per il bilancio dello Stato e, più in generale, per lo Stato stesso.
Sappiamo che i fallimenti delle banche non sono come i fallimenti di altre imprese, per il ruolo peculiare che hanno nell'economia, quello di erogazione del credito attraverso la raccolta dei depositi dei risparmiatori, e che quindi occorre fare di tutto perchè i depositanti siano protetti dai fallimenti stessi.
Tuttavia la forma e l'estensione con cui lo Stato interviene a protezione del sistema finanziario, per evitare la fuga dei risparmi e il blocco dei crediti, può ovviamente variare. Dal mio punto di vista noi abbiamo scelto un modo per intervenire che per noi è pericoloso.
...SEMPRE METTENDO A RISCHIO IL BILANCIO...
In tutte le occasioni in cui interveniamo, infatti, mettiamo a rischio direttamente lo Stato e il suo bilancio con interventi diretti, garantiti spesso dal patrimonio pubblico, a fronte di un sistema bancario semplicemente troppo grande rispetto alle dimensioni dello Stato stesso. Per dare un'idea, la raccolta, oggi, pur dopo anni di fuga di capitali, è ancora circa 5 volte il Prodotto Interno Lordo del Paese, e più di 9 volte il bilancio dello Stato.
Ad ogni intervento che facciamo diciamo che sarà l'ultimo perchè “più di così non possiamo fare”, ed invece dopo un po' viene fuori un nuovo problema in una nuova banca e quindi lo Stato deve intervenire di nuovo perchè se non lo facesse rischierebbe anche di non vedersi restituito ciò che ha già dato o di creare un grave problema di sistema. In pratica, Stato e banche si avviluppano sempre più fra loro e i destini dell'uno si legano sempre più ai destini dell'altro.
PER UN SISTEMA BANCARIO TROPPO GRANDE.
Molti Stati intervengono direttamente nazionalizzando o prestando soldi, ma nel nostro caso il sistema bancario è sproporzionatamente grande rispetto alle risorse disponibili per lo Stato; e comunque, anche nei grandi Stati, gli interventi nel settore bancario stanno mettendo in difficoltà i debiti sovrani e mettendo a rischio gli Stati stessi, come si vede in Spagna o a Cipro o in Irlanda.
Purtroppo questa è solo un'analisi, relativamente facile da fare, per evidenziare i rischi che stiamo correndo. Le analisi però non forniscono le soluzioni. E noi invece dobbiamo pensare alle soluzioni. Che sono tutt'altro che semplici nella nostra situazione.
Ma due cose si possono fare. Almeno a mio parere.
PROPOSTA 1: METTERE IN PIEDI UN FONDO DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI CHE POSSA INTERVENIRE ANCHE IN VIA PREVENTIVA...
La prima è investire molto di più nei fondi di garanzia dei depositanti. Negli anni chiamiamoli “buoni”, dove c'era abbondante raccolta, non ci siamo mai interessati troppo a questo tema; ultimamente ci abbiamo pensato ma ci troviamo un fondo di 15 milioni di euro, che è insufficiente per qualsiasi intervento credibile, persino per banche piccole. Io preferirei che lo Stato, piuttosto che intervenire direttamente immettendo soldi nelle banche con problemi di solvibilità per scelte di investimento e di business sbagliate, impieghi i suoi soldi per mettere in piedi un fondo di garanzia dei depositanti davvero solido e di importo significativo. Chiedendo, parimenti, un contributo importante alle banche, compatibile con le difficoltà che vivono in questo momento. Un Fondo di questo genere non interviene solo in caso di chiusura di banche, ma può intervenire anche per evitare le chiusure, con gli opportuni strumenti di intervento e senza esporre il bilancio dello Stato. È un po' come avere a disposizione un tesoretto per finanziare svariati interventi a tutela del sistema.
Per fare in modo che la presenza del fondo di garanzia non crei quei fenomeni che in economia si chiamano azzardo morale e selezione avversa, occorre che lo Stato, tramite l'Autorità di Vigilanza, controlli in maniera molto più penetrante i processi di erogazione dei crediti e di remunerazione dei depositi, o addirittura che sia previsto un controllo, per quanto di minoranza, delle banche che contribuiscono di più sulle banche che contribuiscono di meno al fondo di garanzia. È una cosa troppo forte, limitante dell'attività imprenditoriale? Forse, ma non è forte anche mettere a rischio lo Stato perché qualcuno ha fatto scelte imprenditoriali troppo allegre?
Naturalmente per tarare bene una proposta del genere occorrono almeno dei dati precisi sull'ammontare medio dei depositi e sulla loro distribuzione per importi, ma io credo che parliamo troppo poco di questa esigenza.
PROPOSTA 2: CERCARE UN CANALE DI ACCESSO ALLA BCE PER ESIGENZE DI LIQUIDITÀ
La seconda cosa che mi sento umilmente di proporre è quella di impiegare tutte le nostre energie per accedere a linee di rifinanziamento per esigenze di liquidità delle banche. Linee che devono vedere coinvolte le sole banche, senza intervento dello Stato, e che devono essere utilizzate sotto precisi requisiti e davanti a precise garanzie. L'esigenza di liquidità è diversa da un problema di solvibilità, come tutti sappiamo, e diversi devono essere i canali per risolverlo.
Ho spesso letto che abbiamo provato ad accedere a finanziamenti esterni, ma che non abbiamo avuto riscontri positivi. Non ho elementi per dire se questi tentativi siano stati condotti tenacemente e con convinzione o se siano stati fatti con timidezza pensando di non averne davvero bisogno. Credo che dovremmo muoverci soprattutto a livello di Accordi con l'Unione Europea, che abbiamo o che verranno: dobbiamo puntare ad inserire la possibilità di accedere al rifinanziamento della BCE in caso di problematiche di liquidità, impegnandoci a recepirne immediatamente le direttive di adeguamento normativo del sistema, come previsto per altri Paesi della zona euro. Nella Convenzione Monetaria, se non erro, è stata espressamente annotata questa volontà di San Marino, ma non basta, dobbiamo farne una precisa e tenace richiesta politica in sede europea prima possibile. In fondo gli importi che ci necessiterebbero sarebbero minimi rispetto agli importi che occorrono ad altre banche e per noi questa è un'esigenza vitale.
NEL CASO DI CARISP VI SONO POCHE ALTERNATIVE
Fatte queste doverose premesse, è chiaro che nell'attuale situazione, e riguardo allo specifico caso di Carisp, non abbiamo tante strade a disposizione. Non abbiamo un fondo di garanzia sufficiente, non abbiamo accesso a rifinanziamenti, e andare ad impegnare lo Stato attraverso richiesta di prestiti a istituzioni internazionali come il Fondo Monetario per finanziare le banche sarebbe assolutamente deleterio perchè poi rischieremmo di trovarci a dover sostenere piani di rientro pesanti. E su questo ritornerò alla fine.
In questo ennesimo intervento pro-Cassa di Risparmio lo Stato si impegna direttamente, con un prestito di 60 milioni di euro alla Fondazione finanziandosi a sua volta presso Banca Centrale attraverso un mutuo.
MUTUO CON BANCA CENTRALE: COM'È?
Prima annotazione, che è poi una domanda: mi sembrerebbe ragionevole pensare che il mutuo con Banca Centrale sia di importo uguale e contrario rispetto a quello dello Stato con la Fondazione, vale a dire stesso importo, stesso tasso, stesse scadenze, stesse tempistiche di rimborso. Nella legge questo non è scritto per cui chiedo lumi su questo tasto.
ESISTE UN PIANO INDUSTRIALE CON LE ALTERNATIVE BEN DEFINITE IN CASO DI PROBLEMI?
Seconda annotazione: il piano industriale. La Fondazione evidentemente riuscirà a restituire il capitale e gli interessi se e solo se la Cassa di Risparmio tornerà a fare utili. Abbiamo capito che la Cassa ha un piano per tornare a produrre utili in 3 anni, ma non conosciamo in base a cosa lo dicano. Ma a parte questo: esistono delle subordinate, delle alternative, in caso di problemi rispetto alle previsioni? In particolare esistono piani A e piani B a seconda che si riesca o meno ad aprire l'operatività all'estero per le imprese finanziarie sammarinesi? Esiste un piano di intervento di emergenza qualora non si trovino abbastanza investitori per il prestito subordinato convertibile da cui dovrebbero ricavarsi 70 milioni di capitale fresco? Sono solo domande dette senza alcuna provocazione ma con la reale volontà di capire quello che sta succedendo e le sue future implicazioni.
SAREBBE STATO MEGLIO L'INTERVENTO DIRETTO NEL CAPITALE SOCIALE MA VA BENE ANCHE COSÌ
Terza annotazione: la forma dell'intervento. Sinceramente avrei preferito l’ingresso dello Stato nel capitale sociale della Carisp, che avrebbe consentito da un lato la nomina di qualche manager di fiducia e quindi la possibilità di avere voce in capitolo nell'ambito della governance della Carisp e, dall'altro, di poter rivalutare l'intervento nel tempo potendo poi rivendere la quota, una volta rimessa in sesto la Carisp, guadagnandoci qualcosa. Capisco che in questa maniera lo Stato avrebbe avuto lo status di azionista e non di creditore, e che questo, in caso di problemi gravi alla Carisp, lo avrebbe portato a non poter godere del privilegio nell'assegnazione degli attivi di bilancio: ma è anche vero che se quel genere di problemi si verificheranno, il fatto di essere creditori anziché azionisti non ci mette in posizione migliore (anche il pegno sulle azioni in quel caso varrebbe poco poco).
Peraltro mi sembra di capire che comunque, nonostante lo status di creditore, lo Stato inserirà nel Cda della Carisp alcune persone di sua fiducia e quindi questa è una buona cosa che va rilevata e che comunque ci consente di entrare nella governance della Carisp.
Quindi, se la mediazione politica è stata questa, nonostante alcuni dubbi, ci può stare, l'importante è che la Cassa possa ripartire. Ma vi prego, vi prego di pensare a forme più strutturate e strutturali di intervento dello Stato che non coinvolgano il bilancio.
GUAI A FARE DEBITI VERSO L'ESTERO PER FINANZIARE DEBITO PUBBLICO, PRIMA SERVONO INTERVENTI AUTONOMI.
Concludo con una postilla importante. Nelle settimane scorse ho letto sui giornali alcune dichiarazioni del Governo che ipotizzavano una richiesta di prestito di circa 100 milioni di euro a qualche istituzione internazionale per finanziare il suo debito pubblico. La cosa non è stata confermata ufficialmente ma in questa legge di assestamento qualche cosina si accenna su questo punto all’articolo 3, scrivendolo un po' in politichese. E mi riferisco al punto b) di quell'articolo ma anche al punto a) nella misura in cui l'intervento a sostegno delle banche coinvolge lo Stato.
Su questa ipotesi, devo dire, non sono d'accordo, almeno fino a quando non ci saremo davvero presi la briga di fare i tagli necessari alla spesa pubblica, stipendi compresi se occorre, e non ci saremo presi l'incarico di tassare i patrimoni, due tasti dolenti dove si possono perdere i voti ma da cui si possono reperire tantissimi soldi. Credo che abbiamo moltissimo margine per fare dei tagli senza né andare a toccare i servizi sociali né a mettere in difficoltà le famiglie. Nell'ultima legge di bilancio proposi l'uso dei contratti di solidarietà nella PA, che ci avrebbe consentito di risparmiare circa 10 milioni di euro all'anno. Questa era una proposta, ma ce ne possono essere mille altre, come una più attenta gestione della spesa, dei lavori pubblici, dei contratti di fornitura di beni e servizi alla PA. Quanto alla tassazione degli immobili, l'abbiamo scritto nell'ultima finanziaria ma finora non è pervenuta.
Gli Stati vanno in difficoltà quando iniziano ad accumulare debito verso l'estero. Noi siamo ancora più piccoli degli Stati che già oggi sono in difficoltà. Si diventerebbe preda di dinamiche molto più grandi di noi. Troppo più grandi di noi. Su cui non avremmo più alcun controllo. Ed il debito inizierebbe ad alimentare il debito. È stato così in Italia, in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in tutti quei Paesi che hanno preferito affidarsi al debito per mantenere un meccanismo al di sopra delle loro possibilità.
Noi grazie al cielo non abbiamo debito verso l'estero, e non dobbiamo farlo. Non prima, almeno, di aver fatto tutto quanto possibile per risanare il bilancio e ridurre il debito con le nostre sole forze. E abbiamo ancora tantissimo margine per farlo. Anche perchè, e anche questo è ben evidente in questa crisi, i piani di risanamento che vengono richiesti quando il debito verso l'estero diventa eccessivo ed esce dal controllo sono ben più pesanti di quelli che potremmo decidere da soli.
Invito a ripensarci e a tornare indietro da queste volontà per ora solo accennate, anche se in maniera sempre più concreta, se non vogliamo imporre sui giovani un peso che non riusciranno a reggere.